lunedì 22 ottobre 2012

Gforex e il Ponzi scheme



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Gforex e il silenzio dei danneggiati 

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Una delle risparmiatrici tradite racconta a Economiaweb.it come funzionava il meccanismo della truffa e perché nessuno parla.
La signora Maria, una professionista 50enne di Milano che lavora nel campo della pubblicità, si fidava davvero a occhi chiusi. Per questo, un paio di anni fa, non ha esitato un attimo ad affidare una parte dei propri risparmi (qualche decina di migliaia di euro in tutto) a un caro amico promotore finanziario che le aveva consigliato di investire in GForex: la società specializzata nell’intermediazione sui cambi, finita in bancarotta nel 2011  e oggi al centro di uno scandalo che ha portato all’arresto dell’amministratore delegato, Claudio Di Fonzo.
GUADAGNI AL 4%. «All’inizio tutto sembrava funzionare alla perfezione»», dice con molta amarezza Maria che, per qualche mese, ricevette puntualmente i report che la direzione di GForex le inviava, per comunicarle i rendimenti del  suo portafoglio. I guadagni non erano affatto stellari, attorno al 4-4,5%. Ma alla risparmiatrice milanese «bastavano e avanzavano», visto che, fino a quel momento, lei aveva sempre investito in prodotti finanziari dal profilo assai rassicurante come i Bot o qualche conto di deposito.
Proprio per questa sua avversione alle perdite, Maria aveva scelto una linea di gestione che Di Fonzo e soci definivano a basso rischio e proponevano a non pochi clienti di GForex.
IL CRACK INATTESO. Nel 2011, però, l’incantesimo si è interrotto. Assieme ad altri 400 risparmiatori, la signora Maria ha scoperto che i suoi soldi erano ormai evaporati, finiti nelle mani di Mahmood Riaz e della sua Gtl Trading, il partner pakistano di GForex che, ha detta di Di Fonzo, si è impossessato indebitamente di tutte le somme di denaro inviategli dall’Italia. «In un primo momento ho creduto alla buona fede di Di Fonzo», dice ancora Maria, «anche perché il mio amico promotore era pronto a scommettere sulla sua correttezza professionale e mi rassicurava in continuazione sulla possibilità di un veloce recupero delle somme investite». Dopo qualche mese, però, la cliente di GForex si è resa conto che le cose non stavano affatto così. Ad aprirgli gli occhi, lo scorso anno, è stato un suo incontro personale con Di Fonzo, che si dichiarava vittima di Riaz ed era ancora disponibile a parlare con la clientela. «E’ lì che ho capito che i conti  non tornavano», aggiunge la risparmiatrice milanese, «quando ho scoperto che i rapporti tra il fondatore di GForex e il suo socio pakistano si erano incrinati da tempo, cioè dal  2010, molto prima che io effettuassi il mio ultimo investimento nelle gestioni sui cambi». Perché, si chiede Maria, Di Fonzo aveva tenuto i clienti all’oscuro di tutto e continuava a raccogliere soldi tra i risparmiatori?
PERCHE’ POCHE DENUNCE. «Mi sono sentita una stupida», continua  la professionista milanese, «e adesso mi sento anche umiliata, quando vengo a conoscenza degli assurdi sospetti che stanno circolando  sul conto dei clienti di GForex». Quasi nessuno, tra i risparmiatori rimasti rimasti ingabbiati in questa vicenda, ha infatti sporto regolare denuncia alle autorità giudiziarie, facendo crescere l’ipotesi di loro collusioni con la criminalità organizzata e con le attività di riciclaggio di denaro . «Robe dell’altro mondo» dice Maria, che dà una versione ben diversa dei fatti: «In realtà poche persone si sono rivolte alla magistratura perché hanno creduto ingenuamente alla versione di Di Fonzo, il quale aveva già sporto una denuncia personale contro Riaz e veniva sempre difeso a spada tratta da chi aveva un contatto diretto con i clienti, cioè dalla rete di promotori finanziari che lavoravano per la società».
CATENA DI SANT’ANTONIO. Era una rete ben strutturata quella messa in piedi da Di Fonzo e soci, e annoverava tra le proprie file non soltanto dei promotori regolarmente iscritti all’albo.
A un livello inferiore, operava infatti un piccolo esercito di segnalatori, cioè di persone che si limitavano a convincere amici e conoscenti a investire in GForex, senza apporre la propria firma su alcun contratto.
Tra quelle persone, a detta della signora Maria, c’erano anche molti clienti della stessa società, che ricevevano dei bonus in denaro per ogni risparmiatore segnalato con successo.
Ora questa specie di catena di Sant’Antonio si è spezzata ed è probabile, secondo la professionista milanese, che parecchi segnalatori abbiano rinunciato a sporgere denuncia proprio per il timore di vedersi imputare qualche responsabilità nel crack.

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